Il racket dell'elemosina a Milano. Cosa farà il Comune? | La carta

2021-11-16 23:25:29 By : Ms. Shen T

Da tempo ormai e con una “occupazione territoriale” in espansione, ogni nigeriano ha, se non una zona fissa, un quartiere in cui “lavora” con la precisione di un dipendente, rispettando determinati giorni e orari

Tutto sembra essere regolare. Perché chiedere l'elemosina e tenersi per sé ciò che si offre non è reato, afferma Carmela Rozza, ex assessore alla sicurezza del Comune di Milano (la sua delega è stata rilevata dal vicesindaco Anna Scavuzzo) e ora neo assessore regionale, che però si era occupata di questa vicenda negli ultimi mesi. Rivoltati come i calzini dalla polizia locale, i nigeriani che sono parcheggiati davanti a supermercati, bar, stazioni, pasticcerie ad alto traffico, armati di berretti da baseball che tengono in mano, chiedono donazioni ai passanti. Non a caso Rozza aveva definito “il berretto da baseball” l'inchiesta sui mendicanti africani svolta dalla polizia locale milanese. Ma tant'è, nessun racket, nessuna organizzazione mafiosa è stata trovata. Eppure, da tempo e con una “occupazione territoriale” in espansione, ogni nigeriano ha, se non un'area fissa, un quartiere in cui “lavora” con la precisione di un dipendente, rispettando determinati giorni e orari. Spesso, quando uno finisce, viene sostituito da un altro, come se fossero contemporaneamente in una compagnia, quella della carità.

L'indagine approfondita è durata sei mesi tra shadowing, fotografie e mappatura della città. I risultati sono stati depositati presso la Procura. Emerge che il profilo dei giovani mendicanti, nigeriani sotto i trent'anni, è molto diverso da quello dell'ultimo arrivato, disperato e senza tetto. Diversi di loro, almeno 200 nella sola Milano (ma il fenomeno è internazionale), sono in Italia da anni, hanno permessi di soggiorno di lunga durata e lavorano, spesso in nero. Alcuni parlano bene l'italiano. E c'è chi in Italia ha mogli e figli regolarmente iscritti a scuola. Inoltre sono ben vestiti e hanno modi educati. Chiedono l'elemosina soprattutto al centro, ma ora battono anche i comuni della città metropolitana, anche se cinque o sei di loro vivono in appartamenti in affitto nell'hinterland nord della città. Ma si sospetta che arrivino anche da Como, Pavia e San Donato: sono stati visti scendere da un pulmino che li scarica davanti a negozi e valichi. Dalle indagini sulla Ghisa emerge che vengono rilasciati pochi permessi per motivi umanitari, visto che in Nigeria non c'è né guerra né carestia e molti hanno carte d'identità italiane e contratti di locazione regolarmente registrati. Nel chiedere monete davanti ai negozi, sono organizzati da un piccolo gruppo di "coordinatori", che allontanano altri mendicanti come rom e senzatetto e fanno rispettare gli orari di "lavoro": dalle 7 alle 14 almeno, a volte fino a 16, come qualsiasi dipendente. Il sospetto della polizia locale è che i giovani nigeriani chiedano l'elemosina (dai 30 ai 50 e fino a 70 euro al giorno) per saldare un debito.

Ma non sono solo loro. Vengono anche dalla Romania, da Segarcea, la terra dei mutilati. Andrea Galli al Corriere della Sera ha spiegato che lo storpio cerca da anni e anni i soldi per il viaggio a Milano. Da Cracovia, in autobus, arrivano alla Stazione Centrale, nelle piazze Molino Dorino e Cascina Gobba. Ad attenderli ci sono gli emissari dei boss che "cureranno" i disabili: passaggi in strada dalle 7 alle 19 per controllare i lavori e tra le 14.40 e le 15 incassano la prima parte del ricavato. Gli storpi dormono nei siti dismessi. Se prelevati e spediti a casa, tornano dopo cinque-sei mesi.

È l'attività di accattonaggio in cui migliaia di individui alimentano un mercato nero in schiavitù che fa centinaia di milioni di euro all'anno. Per questo fare l'elemosina non è sempre una buona azione. Anzi. Nel Canton Ticino, dove la criminalità etnica nigeriana è marginale rispetto ai rom, la polizia di Lugano ha lanciato un progetto per combattere il degrado sociale urbano combattendo il racket dell'accattonaggio. L'efficacia dell'iniziativa si riassume nel messaggio che l'accompagna: “Ti chiedono soldi? offrigli del cibo”. Chi è sfruttato dal racket, nonostante abbia fame, non accetta altro che denaro. E il denaro è ciò che la mafia nigeriana vuole dai suoi schiavi con cappellini da baseball. Ma papa Francesco a Stefano Lampertico, direttore della storica rivista Scarp de' tenis, in un'intervista esclusiva, quando gli è stato chiesto se è giusto fare l'elemosina così ha risposto: “L'aiuto è sempre giusto. Non è una buona cosa gettare solo spiccioli. Il gesto è importante, aiutare chi chiede guardandolo negli occhi e toccandogli le mani”. Non facile. Eppure, già qualche anno fa, sono state le parrocchie e le strutture assistenziali ecclesiali ad avviare una campagna di sensibilizzazione “contro” le elemosine fatte sul sagrato: spesso dietro c'è un racket di sfruttamento, ma raramente monitorato dalle forze dell'ordine. Nell'ultimo numero del quotidiano Caritas Ambrosiana, venduto in molte parrocchie della diocesi di Milano da persone senza fissa dimora e gravemente emarginate, si sono chiesti se l'Italia è generosa e accogliente di fronte a una ricerca che la definisce ostile e razzista. «È colpa della precarietà del lavoro delle fasce medio-basse della popolazione - spiega il professor Maurizio Ambrosini, docente di sociologia all'Università degli Studi di Milano, esperto di immigrazione, autore del libro "Migrazioni" - È da questa precarietà che la paura dell'altro. Dello straniero che diventa il tuo concorrente”. Adesso Carmela Rozza non è più in Comune, ma Anna Scavuzzo forse dovrà riprendere in mano il dossier: è dal tema dell'insicurezza percepita - anche dove la i ragazzi "con il cappello da baseball" non sono percepiti come minacciosi - che i destini politici futuri dipendono dalla maggioranza che governa Milano.

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